13 gennaio 1941
(A Marcel Fleischmann)
Mio caro Amico,
sovente accade, e ciò è ben spiegabile, che coloro i quali, con il minimo merito, ricevono di più, sappiano così male esprimere la loro gioia e riconoscenza. Nei giorni di festa essi restano vicino alla scala o al bordo della tavola, e silenziosi, perché le parole non possono dire l’indicibile, unicamente felici se il loro imbarazzo non attira l’attenzione.
Se, ugualmente le scrivo, mio caro Amico, non è per cercare d’esprimere l’inesprimibile; ma per nascondere dietro un foglio di carta le parole che a viva voce l’emozione m’impedirebbe di pronunciare. Non so se lei sa che la data del 13 gennaio, fino al mio arrivo in casa sua, era, per me, un giorno di lutto: il giorno in cui, all’età di 15 anni, persi la mia famiglia e la mia casa.
Quando, orfano, lasciai il paese natale, mia nonna mi disse alcune parole, che credevo allora dettate dalla pietà: “Molto spesso, ella mi disse, il buon Dio chiude una finestra e apre un balcone”.
Io non potevo sapere, allora, che in quello stesso giorno funesto del 13 gennaio, era nato già l’uomo presso il quale, più tardi dovevo ritrovare una casa mia e abbandonare la mia vita nomade; non potevo sapere che il buon Dio, al posto della finestra che stava per chiudere aveva già in riserva un magnifico balcone.
E poiché non ho da parte mia alcun merito, ma,non c’è neppure, nessun’altra ragione esterna, nessun legame di razza, nessuna solidarietà politica, niente di comune che sia sufficiente a spiegare l’accoglienza di cui io godo in casa sua, la sua bontà nei miei confronti ha lo stesso carattere di “gratuità” che normalmente si concede ai santi, e il cui elogio più alto è stato scritto dall’apostolo Paolo. Le copierò a parte i versetti dell’apostolo che sono un inno all’amore puro, fidato, paziente, disinteressato. La prego di trovarvi le firme invisibili di tutti gli altri amici che lei ha aiutato e che ora sono dispersi in ogni parte del mondo, le firme di tutti quelli, ai quali, come a me, lei ha dato nello stesso tempo il pane della sua tavola ed il coraggio di continuare a vivere.
Suo
S. Tranquilli
2
1) S. Tranquilli (Silone) a Marcel Fleischmann
Affida ad un foglio di carta le parole che l’emozione gli impedirebbe di dire a voce, per ringraziare l’amico che lo ha accolto nella sua casa, mettendo fine alla sua vita nomade e fatto sì che si avverassero le parole che gli disse la nonna all’età di 15 anni, mentre lasciava il suo paese natale, dopo aver perso la sua famiglia e la sua casa nel terremoto del 13 gennaio 1915: Molto spesso il buon Dio chiude una finestra ed apre un balcone.
Gli copierà a parte i versetti Apostolo Paolo, (prima epistola ai Corinti, capitolo XIII: Carattere ed eccellenza dell’amicizia) che sono un’ inno all’affetto puro, sincero, paziente, disinteressato. Lo prega di trovarvi anche le firme di tutti coloro ai quali ha dato nello stesso tempo il pane della sua tavola ed il coraggio di continuare a vivere.
13 gennaio 1941
Archivio Silone, Centro Studi I. Silone, Pescina.
2) Silone a casa Fleischmann. Agosto 1945
Archivio Silone, Centro Studi I. Silone, Pescina.