Dopo il terremoto la lega dei contadini era stata riaperta in una baracca di proprietà comunale
Ma era quasi sempre deserta perché, a causa della guerra, la maggior parte dei soci, i più attivi, erano stati richiamati al servizio militare. La baracca era attorniata da stalle di asini e da porcili, nel quartiere più sudicio del paese. Vi si ritrovavano, ogni domenica sera, tre o quattro vecchi contadini, più che altro per dare, e forse anche per darsi, l’impressione che la lega continuava. […]
Nell’interno della baracca erano conservati alcuni cimeli ritrovati dopo il terremoto tra le macerie della vecchia sede. Affisso su una parete c’era un quadro che raffigurava Cristo Redentore, avvolto in un lungo camice rosso e sormontato dalla scritta Beati gli assetati di giustizia.
Sotto il quadro, appesa ad un chiodo, pendeva la tromba che una volta serviva a convocare le assemblee dei soci, dato che molti di essi erano analfabeti e non potevano essere avvertiti con avvisi murali.
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Quegli improvvisi raduni mi facevano un’impressione profonda
[…] mi sentivo stranamente attirato verso quella povera gente che, pur stremata dalle fatiche della giornata, ubbidiva al richiamo della tromba. Così varie volte m’intrufolai anch’io nelle assemblee che in quel tempo si svolgevano nel cortile di un antico convento francescano, che a suo tempo era stato fondato dallo stesso pover’uomo di Assisi. Benché fosse la medesima gente che vedevo raccolta in altre occasioni, in piazza, in chiesa o al mercato, quegli improvvisi raduni mi facevano un’impressione profonda. Il cuore mi martellava con violenza.
C’era sempre in quelle riunioni qualche forestiero che parlava ad alta voce, ma capivo poco quello che diceva. Tutta la mia attenzione era assorbita dalla gente che mi pareva come trasfigurata.
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Nel nostro comune avevano già avuto luogo due “rivoluzioni”
[…] una sera avvenne che tre soldati, tornati in breve licenza dal fronte, ebbero un diverbio per motivi di gelosia con alcuni carabinieri, e da questi furono messi in arresto. Il provvedimento, di per sé ridicolo e poco cavalleresco, divenne addirittura mostruoso con la decisione del comandante dei carabinieri di sospendere la licenza dei tre soldati e rinviarli senz’altro al fronte.
[…] Il sindaco, il pretore, il parroco, da me sollecitati a intervenire, si dichiararono incompetenti. […] La sera dell’arresto dei tre soldati, quando tra le baracche si sparse la notizia che l’indomani essi sarebbero stati rispediti al fronte, l’opinione dei giovani considerò il fatto un sopruso da impedire. In parole chiare, ci incombeva il rischio di tentare un’altra “rivoluzione”.
[…] nel nostro comune avevano già avuto luogo due “rivoluzioni”: la prima contro il municipio per il tesseramento del pane, la seconda contro la Chiesa per il trasferimento in altro comune della sede vescovile. […] In pochi minuti una folla minacciosa e tumultuante, composta da donne ragazzi e uomini anziani, […] si radunò davanti alla caserma dei carabinieri.
Dalle grida si passò presto alle sassate, a cui carabinieri, raccolti nel cortile della caserma, risposero con salve in aria. Le detonazioni eccitarono viepiù la folla. L’assedio della caserma durò fino a tardi. Il furore aveva reso i paesani irriconoscibili. Per finire, le finestre e le porte della caserma furono infrante; i carabinieri, protetti dall’oscurità, si salvarono con la fuga attraverso gli orti e i campi; e i tre soldati, ai quali più nessuno pensava, se ne tornarono inosservati a casa loro. Per un intera notte noi ragazzi rimanemmo così padroni assoluti del luogo. Fu una notte memorabile.
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Quegli improvvisi raduni mi facevano un’impressione profonda
Da quando ero rimasto solo, mi ero trasferito nel quartiere più povero e disprezzato del comune, costituito da baracche a un solo piano prive di servizi igienici essenziali. Per accedervi bisognava passare un fosso che le autorità locali avevano chiamato il Tagliamento, dal fiume che in quell’epoca costituiva la linea del fronte di guerra tra l’esercito italiano e quello austriaco. Terra nemica dunque. In modo strano l’appellativo fu assai gradito agli interessati, i quali adottarono ben presto alcuni provvedimenti propri di ogni zona di guerra. Per prima cosa, si procedé all’oscuramento notturno, mediante la distruzione a sassate delle lampade d’illuminazione pubblica.
Così divenne pericoloso, anche per i carabinieri, avvicinarsi al Tagliamento durante la notte. I malcapitati erano accolti a sassate d’invisibile provenienza.
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1) Baracche del terremoto a Pescina. In una di queste baracche c’era la sede della Lega dei contadini frequentata dal giovane Secondino Tranquilli.
Proprietà Placido Panecaldo, Pescina.
2) Chiostro dell’ex convento di San Francesco a Pescina, dove si svolgevano le assemblee della Lega dei contadini.
Foto di Orazio Mascioli, Pescina 1976.
3) Scalinata di Via del Carmine di Pescina.
Foto Orazio di Mascioli, Pescina 1974.
4) Vecchia lampada d’illuminazione pubblica.
Foto di Orazio Mascioli, Pescina 1978.
5) Sentenza del Tribunale di Avezzano contro Tranquilli Secondino (Silone) ed altri cittadini di Pescina, imputati per l’assalto alla locale caserma dei Carabinieri in seguito all’arresto di cinque giovani militari pescinesi in licenza, il 29 maggio 1918. Silone viene condannato con sospensione della pena.
Avezzano, 17 luglio 1918 Tribunale Avezzano, Sentenze penali, 1918.
6) Informativa della Questura di Roma sul sovversivo Tranquilli Secondino (Silone). Roma, 30 settembre 1919 Archivio Centrale dello Stato, Roma, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Casellario Politico Centrale, b. 5195.