IL CASO SILONE

Scoppia in seguito alle affermazioni di alcuni storici sulla presunta collaborazione di Silone come informatore della polizia fascista

Gentile signora [Dora] Marraffa,

nel congratularmi per la rivista letteraria on line www.italialibri.net che mi pare molto ben fatta, Le invio come richiesto una mia opinione sul caso siloniano sollevato da Biocca e Canali.
In quanto lontano (e indegno) successore di Ignazio Silone – che tra il 1941 e il 1944 guidò la Federazione Socialista Italiana in Svizzera e diresse l’Avvenire dei lavoratori – mi ritengo vincolato non a obblighi apologetici, ma solo a un laico dovere di onestà. E, onestamente, le tesi accusatorie non mi convincono: per varie ragioni che sono state messe in luce anche di recente da diversi valenti studiosi. A tali ragioni, per parte mia, vorrei solo aggiungere un elemento contestuale riguardante l’esilio elvetico.

Silone visse per quindici anni da rifugiato politico antifascista in Svizzera dov’era giunto dopo lo scontro con Stalin e dopo aver preso le parti di Trockij a Mosca. In Svizzera, con l’esponente socialista Oprecht, Silone concertò l’uscita di Fontamara, libro che molto nocque a Mussolini: non pochi soldati italo-americani ne portavano copia nelle bisacce quando sbarcarono in Sicilia, a Salerno e ad Anzio tra il 1943 e il ‘44.

Quello svizzero fu esilio vero, duro; finché il successo letterario non gli arrise, Silone campò nella miseria, dovendo spesso essere sostenuto dal punto di vista economico, anche tramite qualche minestrone gratis al Ristorante Cooperativo o qualche colletta di carbone durante i rigidi inverni di quegli anni.

Per uscire da una situazione d’indigenza la sua compagna, Gabriella Seidenfeld, sposò pro forma un conoscente svizzero affinché, insieme alla cittadinanza, le venisse concesso il permesso di lavoro.
La comunità italiana in questo Paese conserva dello scrittore e uomo politico marsicano un ricordo diretto, non superficiale e non episodico, alla luce del quale mi pare ad esempio inaccettabile l’insinuazione che Biocca annota alla fine del suo saggio: «allo stato attuale delle ricerche non possiamo né affermare né escludere che la relazione fiduciaria ebbe termine nel 1930. Com’è noto, infatti, alcuni anni più tardi Silone (…) tornò all’attività politica dirigendo in Svizzera il Centro estero del Partito socialista. Alla guida della Divisione Polizia politica era ancora Guido Leto il quale (…) era a conoscenza della collaborazione prestata da Silvestri».

Ora, è ben vero che dopo l’occupazione nazista di Parigi Silone diresse le attività del Centro Estero del PSI a Zurigo (e, ricordiamolo, tra i collaboratori di cui si circondò nell’elaborazione della nuova politica socialista vi erano i federalisti europei di Colorni, Trentin e Spinelli, gli azionisti rosselliani di Schiavetti, giovani letterati come Fortini e altri ancora). Ma in qual modo tutto ciò possa ritenersi anche solo compatibile con l’insinuazione di cui sopra, onestamente non riesco comprendere. Si capisce bene, invece, che il castello accusatorio non regge laddove si tenga fermo al fatto – per altro incontrovertibile – che almeno durante l’esilio elvetico Silone di certo non svolse mai alcuna attività a favore del regime fascista.

In realtà, sul versante “spionistico” l’unico fatto storico accertato è che l’accusato diresse la rete clandestina del PCd’I durante gran parte degli anni Venti. In altre parole, lo specifico, quotidiano compito di Ignazio Silone fu per lungo tempo quello di depistare, tenere in scacco e neutralizzare la polizia di regime.

E, a giudicare dai risultati, svolse tale compito in modo efficace. Tant’è che ancora nel 1931 Alfred Kurella, già segretario generale dell’Internazionale giovanile comunista, solo di Silone si fidò e proprio a lui si rivolse per pianificare una lunga missione in Italia, dalla quale nacque un libro dal titolo Mussolini ohne Maske («Mussolini senza maschera»).

Con i migliori saluti, cordialmente
Andrea Ermano*

Tratta da: www.italialibri.net
* direttore de L’Avvenire dei lavoratori

Indro Montanelli difende così Silone:

Non ha dato nessuna notizia. I rapporti di Silone che avrebbero potuto essere veramente importanti per la polizia italiana non ci sono. Sono delle confidenze che non hanno mai inguaiato né il partito né gli uomini del partito. Non c’è un solo arrestato che sia stato arrestato per colpa di Silone. Nessuno. Ma lo dimostra il fatto che, il suo peggior nemico, che era Togliatti per forza di cose che era obbligato a considerare Silone un traditore per la posizione che pubblicamente aveva preso nel momento di dissociazione dal partito, di cui lui rappresentava una delle maggiori personalità e su cui chissà cosa avrebbe potuto dire e rivelare Bèh, quando Togliatti fu ministro della Giustizia, è noto che andò a Regina Coeli dove era rinchiuso il capo dell’Ovra, il quale avrebbe potuto fare con lui chissà quale figurone rivelando delle cose sull’arcinemico, sull’arcinemico Silone. Non trovò nulla da dire, nulla.

Nulla! Non c’è bisogno in questo riconoscere la correttezza e la serietà del Partito comunista, che non si vendicò inventando delle balle su Silone, lo avrebbe potuto fare con estrema facilità, non lo ha fatto. Contro Silone, il Partito comunista, che era stato in un certo senso la maggiore vittima, il maggiore bersaglio di Silone, non trovò da dire nulla. Ma come mai? Allora gli accusatori di Silone ci spieghino come mai il maggior avversario di Silone non trovò nulla da dire su Silone. Questa mi sembra la prova assoluta della innocenza di Silone come spia dell’Ovra.

Silone purtroppo aveva nella polizia fascista un ostaggio, il fratello. Lo sappiamo tutti che è morto in galera e che Silone amava più come un padre che come un fratello e che voleva salvare e che si trovava in una situazione disperata, anche perché era malato, in carcere dove morì. Al momento in cui morì, Silone non ebbe più rapporti, questi rapporti con cui cercava, probabilmente, almeno di alleviare la sorte del fratello.
Ma quanti antifascisti si sono trovati in questa situazione?

La polizia fascista aveva degli ostaggi in mano con cui poteva indurre alle delazioni. In fondo ne ha avute ben poche da Silone, nessuna, nessuna delazione che Silone avrebbe potuto fare è stata fatta da Silone, nessuna!

Trascrizione dell’Intervista a Indro Montanelli contenuta nel VHS Dalla parte dell’uomo – Ignazio Silone “Cristiano senza chiesa e socialista senza partito” di Silvano Console e Stefano Falco, una produzione Mediacom 2001, con il contributo della Regione Abruzzo.

1) Silvestri (Silone) a (Guido Bellone)
Gli dice di trovarsi in un momento di estrema crisi, punto cruciale della sua esistenza in cui l’unica via d’uscita è rappresentata dall’ abbandono completo della politica militante e che oltre questa soluzione non resterà che la morte. Ritiene di avere la coscienza di non aver fatto un gran male, né ai miei amici, né al mio paese. Riconosce che Bellone è sempre stato, nonostante la sua funzione di commissario della polizia fascista, un galantuomo. Con questa ultima lettera vuole concludere ogni rapporto con lui Vivere ancora nell’equivoco, mi era impossibile, mi è impossibile e gli chiede di non essere ostacolato nel suo piano.
13 aprile 1930
Archivio Centrale dello Stato, Roma, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Casellario
Politico Centrale, b. 5195.

2) Appunto del capo divisione della Polizia politica per la Divisione Affari Generali e Riservati su Silone, ritenuto un soggetto che, dal complesso delle segnalazioni fiduciarie che lo riguardano, appare tale da richiedere una vigilanza continua ed attenta.
Tanto più che Silone non nasconde il suo profondo odio contro il Fascismo, cui, […]
attribuisce la morte […] del fratello Romolo, che egli cercò di giovare quando tentò di prestarsi come nostro informatore […].
Roma, 16 gennaio 1935
Archivio Centrale dello Stato, Roma, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Casellario
Politico Centrale, b. 5195.

3) Dispaccio del Ministero dell’Interno con il quale si rinnovano le disposizioni per un’attenta vigilanza e l’arresto di Silone.
(Roma), 6 marzo 1935
Archivio Centrale dello Stato, Roma, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Casellario
Politico Centrale, b. 5195.

4) Informativa sulle attività politiche di Silone dal 1919. In un passo, il funzionario di polizia scrive: Nel 1931 fu arrestato e processato in Italia il fratello Tranquilli Romolo,
per attività comunista. Il Tranquilli Secondino, aveva per il fratello, un affetto profondo,
soffrì molto. Cercò di aiutarlo in tutti i modi inviandogli sussidi e sovente anche dolciumi e leccornie.- In tale periodo diede a vedere di essersi pentito del suo atteggiamento antifascista e tentò qualche riavvicinamento con le Autorità italiane mandando, disinteressatamente, delle informazioni generiche circa l’attività di fuorusciti.
Roma, 12 ottobre 1937
Archivio Centrale dello Stato, Roma, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Casellario
Politico Centrale, b. 5195.

5) L’ispettore generale di Pubblica sicurezza della Quarta zona dell’Ovra risponde alle richieste di notizie del capo della Polizia riguardanti Silone. Dopo una succinta biografia di Silone conclude: Non sono emersi episodi di vita privata tali da poterlo squalificare all’estero.
* L’ omissis è stato apposto dai curatori poiché il testo contiene notizie di carattere puramente personale e riservato di alcuni familiari di Silone. Avezzano, 2 luglio 1939
Archivio Centrale dello Stato, Roma, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Casellario
Politico Centrale, b. 5195.

6) Lettera di Paola Carucci, soprintendente dell’Archivio Centrale dello Stato al prof.
Giuseppe Tamburrano, con la quale gli dice, in riferimento a quanto sostenuto da Biocca e Canali nel volume su Silone, che nella rubrica riguardante la rete informativa della Divisione polizia politica non compaiono né il n. 73 né lo pseudonimo “Silvestri”, né il nome di Silone o Tranquilli.
Roma, 8 giugno 2000
Tratta da G. Tamburrano, G. Granati , A. Isinelli Processo a Silone – La disavventura di un povero cristiano, Lacaita, Manduria 2001.