La mia fiducia nel socialismo (di ciò, oso dire, testimonia la mia condotta successiva) mi è rimasta più viva che mai.
Nel suo nucleo essenziale essa è tornata a essere quella ch’era quando dapprima mi rivoltai contro il vecchio ordine sociale: un’estensione dell’esigenza etica dalla ristretta sfera individuale e familiare a tutto il dominio dell’attività umana; un bisogno di effettiva fraternità; un’affermazione della superiorità della persona umana su tutti i meccanismi economici e sociali che l’opprimono.
Col passare degli anni vi si è aggiunto un reverente sentimento verso ciò che nell’uomo incessantemente tende a sorpassarsi ed è alla radice della sua inappagabile inquietudine. Ma non credo di professare in questo modo un socialismo mio particolare. Le verità pazze ora accennate sono più antiche del marxismo. Verso la seconda metà del secolo scorso esse si rifugiarono nel movimento operaio partorito dal capitalismo industriale, e continuano a restarvi una delle sue più tenaci fonti d’ispirazione.
Ogni sincero socialista, magari senza rendersene conto, le porta in sé. Ho già ripetute volte espresso il mio parere sui rapporti, nient’affatto rigidi e immutabili, tra il movimento socialista e le teorie del socialismo. Sono gli stessi rapporti che corrono tra le scuole filosofiche e i grandi movimenti storici.
Col progredire degli studi le teorie possono deperire ed essere ripudiate, ma il movimento continua. Sono convinto che il socialismo sopravviverà al marxismo. Sarebbe tuttavia errato, con riguardo al vecchio contrasto fra dottrinari ed empirici dell’organizzazione operaia, annoverarmi tra questi ultimi.
Non concepisco la politica socialista indissolubilmente legata a una determinata teoria, però a una fede sì. Quanto più le teorie socialiste pretendono di essere scientifiche, tanto più esse sono transitorie; ma i valori socialisti sono permanenti.
La distinzione fra teorie e valori non è ancora abbastanza chiara nelle menti di quelli che riflettono a questi problemi, eppure mi sembra fondamentale.
Sopra un insieme di teorie si può costituire una scuola e una propaganda; ma soltanto sopra un insieme di valori si può fondare una cultura, una civiltà, un nuovo tipo di convivenza tra gli uomini.
Uscita di sicurezza
Se l’utopia non si è spenta, né in religione, né in politica, è perché essa risponde a un bisogno profondamente radicato nell’uomo.
Vi è nella coscienza dell’uomo un’inquietudine che nessuna riforma e nessun benessere materiale potranno mai placare.
La storia dell’utopia è perciò la storia di una sempre delusa speranza, ma di una speranza delusa.
L’eredità cristiana
1) L’Avvenire dei lavoratori, 30 marzo 1944.
Tratto da Polotti Giulio (a cura di), “L’Avvenire dei lavoratori” (Zurigo – Lugano, 1944-1945).
Direttori: Ignazio Silone e Guglielmo Usellini. Reprint, introd. e doc. a cura di Stefano Merli. [Le fonti del socialismo].
Istituto Europeo Studi Sociali, Milano 1992.
2) Silone a Rosemberg
Risponde alle domande postegli da Rosemberg, parlandogli delle sue esperienze e attività avute in Svizzera dal 1930 al 1944.
Sul socialismo risponde che è stato assai stimolato dalla forte personalità di Leonard
Ragaz, il noto capo del socialismo cristiano in Svizzera, aggiunge che il Ragaz servì più che altro a stimolare e ravvivare in me le idee e i sentimenti che erano stati all’origine della mia adesione al socialismo all’età di 16 anni e di cui è traccia evidente nei miei libri.
Roma, 22 giugno 1948
Archivio Silone, Centro Studi I. Silone, Pescina.
3) Silone, foto fine anni Trenta sec. XX.
Archivio Silone, Centro Studi I. Silone, Pescina.