Nacque così l’idea tra alcuni emigrati socialisti di aprire un ristorante cooperativo a Zurigo...
La “Società cooperativa” fu fondata nel 1905 da un gruppo di emigrati provenienti nella massima parte dalla Romagna e stabilitisi a Zurigo. Avevano l’abitudine di incontrarsi la domenica mattina, ma non possedevano un proprio ritrovo e così finivano in uno dei locali svizzeri dove erano naturalmente obbligati a consumare qualcosa.
Nacque così l’idea tra alcuni emigrati socialisti di aprire un ristorante cooperativo a Zurigo allo scopo di fornire agli operai un cibo sano, nutriente e a prezzi abbordabili, un locale in cui potessero ritrovarsi per discutere fra loro senza l’obbligo di dover consumare. Il guadagno netto, andava, secondo lo statuto, a beneficio della propaganda politica e sindacale.
Lo statuto prevedeva inoltre l’elaborazione di un programma d’istruzione popolare e anche una piccola biblioteca che conteneva prevalentemente opere sul movimento operaio e sindacale e che si trovava nella saletta superiore della “Copé”.
Accanto all’esigenza di diffondere una coscienza politica fra gli emigrati i fondatori della Coperativa sentivano anche la necessità di discutere fra loro dei problemi concreti, pratici che animavano gli emigrati italiani di quel periodo.
Franca Magnani Una famiglia italiana, Universale Economica Feltrinelli, Milano 1992.
DOVE LA RIVOLUZIONE SI SERVE A TAVOLA
I cent’anni della “Società Cooperativa Italiana Zurigo” di Jenner Meletti.
Qui Lenin ha gustato un piatto di cappelletti prima di salire sul treno per la Russia il 9 aprile del 1917. E poi Matteotti, i volontari della guerra di Spagna, gli antifascisti: tutti seduti al Coopi di Zurigo, il ristorante-istituzione che sta festeggiando i suoi cent’anni.
Servizio pubblicato domenica 20 novembre 2005 sul quotidiano La Repubblica ©, e ripubblicato su concessione dalla newsletter de “L’Avvenire dei lavoratori” del 22/11/2005
© Copyright de “La Repubblica”; tutti i diritti riservati. Testo ripubblicato su gentile concessione.
ZURIGO – Anche il minestrone, qui, è un pezzo di storia. Lo mangiavano, gratis, gli immigrati appena arrivati dall’Italia. Non è chiaro se piacesse anche a Benito Mussolini, quando era socialista, non aveva un soldo in tasca ed era innamorato di Angelica Balabanoff.
Minestrone e politica, maccheroni e giornali antifascisti.
Ecco, il Coopi è stato ed è tutto questo. Vladimir Ilic Ulianov, detto Lenin – sì, proprio lui – preferiva invece i cappelletti. Li preparava Erminia Cella, la moglie del figlio di nonna Adele, che era arrivata da Scandiano, Reggio Emilia.
Dicono che li ha mangiati anche poco prima di prendere il treno per la Russia, la sera del 9 aprile 1917.
Al ristorante della Società Cooperativa Italiana Zurigo, in Strassburgstrasse 5, i tavoli sono rossi e sui muri ci sono i ritratti di Carlo Marx e Giacomo Matteotti.
Su un ripiano, il busto di Filippo Turati.
«Qui – dice Andrea Ermano, già docente di filosofia all’università e ora presidente della Società Cooperativa – è passata la storia italiana. Il Coopi (a Zurigo tutti lo chiamano così) è stato il primo rifugio degli immigrati che scappavano dalla miseria
italiana e poi il punto d’incontro degli antifascisti.
Ignazio Silone era il direttore de L’Avvenire dei Lavoratori, (editrice che al Coopi ha la sua sede), Giuseppe Saragat, Sandro Pertini e Pietro Nenni mandavano qui i loro articoli contro il Duce.
I fratelli Rosselli erano di casa, prima di essere ammazzati dai fascisti».
Il ritratto di Carlo Marx sembra sorvegliare attentamente ogni angolo della grande sala. «Un giorno è arrivato qui Bertolt Brecht e si è arrabbiato perché, accanto al ritratto di Marx, non c’erano anche quelli di Lenin e di Stalin.
“I dittatori – gli risposero – noi non li vogliamo nemmeno appesi ai muri”». Inviati dell’Ovra sorvegliavano il ristorante e pagavano 50 franchi ogni informazione uscita da qui.
Ci sono ancora i primi menù del Coopi, aperto cento anni fa, il 18 marzo1905.
L’idea era quella di «fornire agli operai un cibo sano e nutriente a un prezzo equo». Un minestrone costava 20 centesimi di franco, una trippa al sugo 40 centesimi, un mezzo pollo 1 franco, “carne al lesso” 50 centesimi, minestra di trippa a 20 centesimi.
«Nello statuto, ancora valido – dice Andrea Ermano – c’è scritto che bisogna dare sostegno ai connazionali di passaggio.
È un modo elegante per dire, senza umiliare nessuno, che se hai fame e non hai soldi in tasca qui al Coopi puoi avere un piatto di minestra gratis». Qui si organizzano i primi scioperi degli italiani che stanno costruendo mezza Zurigo e la repressione è forte.
Milleduecento muratori, nel 1911, vengono caricati su un treno speciale e rispediti in Italia. Ma c’è bisogno di braccia.
A scavare i tunnel sotto le Alpi arrivano i calabresi ed i siciliani, perché in galleria con le macchine a vapore in azione si arriva a 50 gradi e solo loro riescono a resistere.
Emiliani, veneti e friulani lavorano nell’edilizia. Il comizio del 1° maggio 1913 viene tenuto a Zurigo dal socialista Benito Mussolini.
Forse si ricorda di dieci anni prima, quando aveva conosciuto Angelica Balabanoff, la giornalista russa venuta a studiare qui perché l’università è aperta alle donne. Lo spiantato Benito si era innamorato di lei e, alla ricerca di uno stipendio, aveva contestato la linea politica de L’Avvenire dei lavoratori e convocato un’assemblea per diventarne il direttore.
Fu sconfitto e tornò in Italia.
Scoppia la prima guerra mondiale e il Coopi diventa il “covo” dei pacifisti.
«Venite fuori», questo un titolo dell’Avvenire dei lavoratori del 1° Maggio 1916.
«Lavoratori dei campi e delle officine, fermate i ferrei bracci vostri, immobilizzate le vostre macchine e venite fuori, fuori con noi sulla strada. Bimbi e fanciulle impallidite, che la fabbrica vi ucciderà precocemente, lasciate i vostri aghi, separatevi dai vostri merletti». La prima sede, nella Zwinglistrasse, viene lasciata nel 1912. Il nuovo Cooperativo trasloca al numero 36 della Militarstrasse, nel quartiere popolare di Zurigo, chiamato “Kreis Chaib”, il quartiere carogna.
Durante il fascismo il numero 36 della Militarstrasse diventa l’indirizzo più conosciuto per i fuoriusciti italiani.
Arriva anche Giacomo Matteotti, che scrive per l’Avvenire dei lavoratori. Si organizzano qui le partenze per la guerra di Spagna.
La trafila passava da Basilea o Ginevra, poi attraversata la Francia si valicavano i Pirenei. La stampa clandestina viene nascosta nel doppiofondo delle valigie e mandata in Italia. Leo Valiani viene arrestato mentre porta a Roma una di queste valigie.
Quando la Francia viene occupata dai nazisti, anche l’Avanti trasloca da Parigi a Zurigo.
Il direttore si chiama Pietro Bianchi ed è un muratore analfabeta. Ma ha la cittadinanza svizzera, e può fare il prestanome.
Finisce la guerra e negli anni Cinquanta e Sessanta Zurigo torna ad essere Lamerica degli italiani con la valigia di cartone. Renzo Balmelli, svizzero con nonni di Casalmaggiore, Cremona, è stato direttore del telegiornale svizzero di lingua italiana.
«Da giovane lavoravo anche qui, al Coopi, all’Avvenire dei lavoratori. Erano anni davvero duri, perché c’era chi voleva cacciare gli italiani. L’editore James Schwarzenbach organizzava le campagne xenofobe.
Sul giornale facemmo una campagna contro “gli usurai del sonno”. C’era un palazzo diroccato, vicino alla stazione centrale. Scoprimmo che veniva affittato agli immigrati con turni di otto ore al giorno: l’usuraio del sonno riceveva tre affitti per lo stesso materasso. Pubblicammo le foto, ci fu uno scandalo».
Adesso, sotto il ritratto di Marx, vengono a mangiare anche gli agenti della “Boerse”, la borsa di Zurigo, che è accanto alla Werdplatz dove, d’estate, il Coopi mette i tavoli sotto gli alberi. Ci sono i sindacalisti e gli avvocati di sinistra dell’Anwaltskollektiv, che riducono le parcelle ai clienti poveri.
«Fino a fine anno – dice Andrea Ermano – faremo conferenze e celebrazioni del centenario.
A marzo è arrivato da noi l’allora presidente della Confederazione svizzera, Leuenberger. Ci ha ringraziato per i minestroni mangiati gratis quando era studente».
Il Coopi è un rifugio anche per i globetrotter della sinistra.
Franco Facchini, 53 anni, poeta bolognese, due anni fa ha trovato lavoro qui come “consulente per la gastronomia”.
«Mi affascina questa città che, al primo impatto, sembra solo un’esposizione di banche e gioiellerie. Poi sali piano piano la Spiegelgasse, il vicolo dello specchio, e scopri che all’inizio c’era il cabaret Voltaire, dove è nato il dadaismo. Subito dopo la casa dove ha abitato Wolfgang Goethe. In cima, al numero 14, l’abitazione di Lenin». Lenin era arrivato in Svizzera nel 1914 e a Zurigo nel febbraio 1916. Qui finisce di scrivere L’imperialismo come fase suprema del capitalismo.
«Zurigo – scrive alla madre – mi piace tanto. Il lago è magnifico». Due stanze in subaffitto, a 24 franchi al mese. Meno felice la moglie Nadja Krupskaja. «La Spiegelgasse puzza. Nel cortile c’è un tremendo odore che proviene da una fabbrica di salsicce.
Possiamo aprir le finestre solo di notte».
I bellissimi quadri di Mario Comensoli, con i suoi Operai in blu, trasformano il ristorante in un pezzo di museo.
Al primo piano c’è una grande sala, che viene concessa gratis a chiunque voglia fare una riunione. Stasera c’è un incontro del Partei der Arbeit, il partito del lavoro.
«Sono i comunisti svizzeri – spiega Ermano – che hanno un nome diverso perché, per legge, nessun gruppo può dichiararsi comunista».
Dopo, ai tavoli rossi, le ragazze ed i ragazzi del Partei der Arbeit continuano a discutere di linea e di strategia. Karl Marx osserva, forse lusingato.
Nota de “L’avvenire dei Lavoratori”:
© La Repubblica, 20.11.2005.
Ringraziamo il quotidiano La Repubblica per la gentile concessione del testo di Jenner Meletti.
La red de L’ADL.
La Repubblica – Quotidiano. Web: www.repubblica.it
1) Silone al Ristorante Cooperativo di Zurigo, 1969.
Archivio Silone, Centro Studi I. Silone, Pescina.
2) Opera di Mario Comensoli dal titolo: 1905 – 1980.
Tratta dal sito web: www.cooperativo.ch
3) L’avvenire dei lavoratori.
Foglio dei socialisti svizzeri diretto, nella nuova serie, da Silone dal febbraio all’ottobre 1944.
Ha grande diffusione negli ambienti del fuoruscitismo italiano i Svizzera e nei campi di internamento.
Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, Milano.
L’Avvenire dei lavoratori fa parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera nell’emigrazione italiana dal 1905 senza fini di lucro e che nel 1941, dopo l’occupazione nazista di Parigi, fu sede de Centro estero socialista; si regge sull’autofinanziamento.
È la più antica editrice della sinistra italiana e attualmente la più importante editrice di lingua italiana fuori dall’Italia.
Dal sito web: www.cooperativo.ch