L’USCITA DAL PARTITO COMUNISTA

Avrei potuto difendermi

Avrei potuto provare la mia buona fede. Avrei potuto dimostrare la mia non appartenenza alla frazione trotzkista. Avrei potuto precisare che il mio disaccordo con le nuove direttive di Mosca era condiviso da quelli stessi ch’erano incaricati d’interrogarmi.
Avrei potuto raccontare come si era svolta la scena della pretesa dichiarazione da me “rilasciata” a Togliatti. Avrei potuto persuaderli della mia assoluta indifferenza per i posti e le gerarchie. Avrei potuto; ma non volli. In un attimo ebbi la chiarissima percezione dell’inanità di ogni furberia, tattica, attesa, compromesso. Dopo un mese, dopo due anni, mi sarei trovato da capo. Era meglio finirla una volta per sempre. Non dovevo lasciarmi sfuggire quella nuova, provvidenziale occasione, quell’”uscita di sicurezza”. Non aveva più senso star lì a litigare. Era finito. Grazie a Dio.

Uscita di sicurezza

La crescente degenerazione tirannica e burocratica dell’Internazionale Comunista ispirava anche in me repulsione e disgusto, ma v’erano alcuni forti motivi che m’inducevano a rinviare una rottura: la solidarietà con i compagni di lotta morti o imprigionati, l’inesistenza d’altre forze antifasciste organizzate in Italia, la rapida decadenza politica, e in alcuni casi anche morale, di alcuni di quelli che si erano già allontanati dal comunismo, infine l’illusione di un risanamento dell’Internazionale con l’aiuto del proletariato occidentale nell’eventualità di una crisi interna del regime sovietico.

Uscita di sicurezza

La verità è che non ci si libera dal Partito comunista come ci si dimette dal Partito liberale, poiché oltretutto il legame col partito è in proporzione dei sacrifici che esso costa. E in più, come è stato già affermato e analizzato il Partito comunista, per i suoi militanti, non è solo, e principalmente, un organismo politico, ma scuola chiesa caserma famiglia: è un’istituzione totalitaria nel senso più completo e genuino della parola e impegna interamente chi vi si sottomette.

Uscita di sicurezza

[…] l’uscita dal Partito comunista fu per me una data assai triste, un grave lutto, il lutto della mia gioventù. E io vengo da una contrada in cui il lutto si porta più a lungo che altrove.
Non ci si libera facilmente, l’ho già detto, da un’esperienza così intensa come quella dell’organizzazione comunista.

Uscita di sicurezza

1) Scheda segnaletica di (Tranquilli Secondino) Ignazio Silone, 1929-1937.
Archivio Centrale dello Stato, Roma, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Casellario Politico Centrale, b. 5195.

2) Ercoli (Palmiro Togliatti) a Pasquini (Silone)
Sull’espulsione di Lino (Paolo Ravazzoli), Feroci (Alfonso Leonetti) e Blasco (Pietro Tresso); e sulla richiesta di una dichiarazione che deve contenere: “…

  • 1) la rottura con Lino, Feroci, Blasco,
  • 2) la presa di posizione senza equivoci contro il trotzkismo,
  • 3) la dichiarazione di assoluta fedeltà al partito e alla Internazionale… “.

20 giugno 1930
Archivio Silone, Centro Studi I. Silone, Pescina.

3) Angelo Tasca a (Silone)
Esprime la personale solidarietà sulle future decisioni politiche che Silone prenderà. Pensa che in caso di rifiuto delle condizioni che gli saranno imposte non avrà nessuna possibilità di lavoro politico. 1930
Archivio Silone, Centro Studi I. Silone, Pescina.

4) Tranquilli (Silone) a Adami (Cocchi Romano)
Lo rimprovera delle accuse ingiuste che gli muove dalle colonne di Falce e gli ricorda che se avesse voluto avrebbe potuto comprometterlo con le lettere che gli ha scritto. Annotazioni di mano di Silone:
[Postilla. La sera del 30 maggio Adami venne da me, “commosso”, “per ringraziarmi]
Zurigo, 30 maggio 1931
Archivio Silone, Centro Studi I. Silone, Pescina.

5) Forse gelosia odio ecc Togliatti aumentati dal fatto che non si era avverato la sua profezia, avvertimento ecc. a S.ilone, dopo l’espulsione: che non ce l’avrebbe fatta a vivere, senza le carte (anche se false) che forniva il P.artito, senza un soldo, senza amici, senza quella solidarietà che in qualche modo il P.artito dava, ma che invece ce l’aveva fatta, con lo scrivere.
Annotazione di Darina Silone rinvenuta tra le pagine di Storia del Partito comunista italiano – Gli anni della clandestinità di Paolo Spriano.
Archivio Silone, Centro Studi I. Silone, Pescina