
Il fascismo e le sue origini
Con una lettera del gennaio 1930, essendo Silone – gravemente malato – costretto ad interrompere l’attività di partito, Togliatti lo invita a preparare del materiale d’informazione e propaganda sulla ”situazione economica e politica” dell’Italia e, più in particolare, sul modo in cui debbano intendersi ”la strategia e la tattica del leninismo” con approfondimenti circa l’analisi delle forze motrici fondamentali della rivoluzione proletaria italiana, l’analisi del fascismo dei partiti borghesi e dei partiti sedicenti proletari” Silone, per la verità, gia da tempo si era disposto a redigere degli opuscoli e, come si e gia visto nella prima parte di questo lavoro, si era dedicato a degli studi non improvvisati, apparsi sulla rivista ”Lo Stato Operaio”. Nel novembre del 1929, in una lunga lettera alla Segreteria del partito egli aveva chiesto del materiale da utilizzare per la preparazione appunto di un opuscolo ”rivolto esclusivamente ai senza partito e ai socialisti più arretrati”.
Addirittura diceva di avere gia pronto uno schema sul modello ”dei primi opuscoli di propaganda socialista”, che riassume in questi termini: ”Immaginerei di aver incontrato in qualche città d’Italia un povero Masticabrodo, molto invecchiato, ma punto cambiato in quanto a maturità e carattere. Masticabrodo dovrebbe essere il portavoce di tutte le obiezioni, dalle più volgari alle più insidiose, dalle più generiche alle più precise che mantengono lontano da noi l’operaio e il socialista arretrato, il socialista rimasto senza collegamento col suo partito!”. Silone precisa, inoltre, che la forma espositiva dovrebbe essere quella d’un dialogo diviso in capitoletti, ognuno dei quali mirerebbe a confutare un’obiezione; e lo stile ”dovrebbe essere molto semplice, direi, uno stile di anteguerra (quando non c’erano tesi, ecc.)”. Nell’ultima parte della stessa lettera, Silone ricorda poi l’utilita, anzi la necessita di ”un libro sul fascismo”.
Non si nasconde la difficoltà per scriverlo, ma sostiene che bisogna rimediarvi ad ogni costo, per riparare ad ”una nostra evidente inferiorita rispetto agli avversari, i quali hanno il libro di Nitti, di Don Sturzo, di Ferrari, di Salvemini, di Trentin, ecc. in varie lingue”. Silone riconosce che nessuno dei dirigenti del partito sarebbe da solo in grado di scrivere un libro del genere, ma si potrebbe lavorarvi in equipe, quattro o cinque compagni al massimo, senza investire tutti gli ”organismi dirigenti”, per evitare il rischio di sconfinare ”in accademia” sui punti controversi. E da alcune indicazioni sommarie per un piano di lavoro: ”Anzitutto riconoscere quali sono le difficoltà maggiori, cioè, le difficoltà politiche, per una nostra critica di tutto il dopoguerra italiano: un compagno dovrebbe elaborare uno schema di storia degli ultimi dieci anni, lasciando da parte la cronologia, elencando i punti decisivi la cui illustrazione dovrebbe costituire la nostra interpretazione del dopoguerra e del fascismo, Su alcuni di questi punti, negli atti di partito si può trovare un giudizio ancora giusto; su altri, i giudizi del passato dovranno essere rivisti; su altri ancora, il partito non ha mai detto ufficialmente il suo parere.”
Un comitato ristretto, a parere di Silone, dovrebbe raccogliere la documentazione necessaria e concordare sulle linee interpretative, ma un solo compagno dovrebbe poi ”essere incaricato di tutto il lavoro di elaborazione del materiale, che sarebbe colui che in pratica dovrebbe scrivere il libro”. Nel frattempo, aggiunge Silone, alcuni ”dei problemi politici che a noi si pongono affrontando una critica degli ultimi dieci anni, potrebbero essere trattati anche sulla rivista”. Peccando d’un eccesso di ottimismo, Silone conclude col dire che, seguendo il suo suggerimento, il libro ”si potrebbe fare” in tre-quattro mesi, non ”in trentaquattro”, tempo che sarebbe necessario indubbiamente se il lavoro venisse ”assunto dalla commissione del programma”.
Quando Silone si occupa di questi progetti (opuscoli e libro sul fascismo), si badi bene, e ricoverato nel sanatorio di Davos. Nonostante la tisi gli stia divorando un polmone (che poi perderà), al punto da fargli intravedere lo spettro della morte, egli non si arrende: scrive articoli, elabora saggi brevi ma pur sempre impegnativi, scrive un romanzo e dei racconti. Pur turbato profondamente dalle polemiche interne del partito, oltre che dalla situazione drammatica del fratello Romolo, resiste con forza per non farsi travolgere, fino a trovare – come si e visto – l’uscita di sicurezza. Non e esagerato dire che Silone trovi la sua salvezza scoprendosi scrittore a tempo pieno: scrittore di romanzi, come Fontamara (1930), e scrittore eminentemente politico, con Der Fascismus (1931-33). Va detto subito infatti che scriverà lui, utilizzando in parte i saggi minori apparsi su ”Lo Stato Operaio”, il libro che aveva proposto alla Segreteria del Partito comunista…..
Testi del prof. Vittoriano Eposito